lunes, 12 de febrero de 2007



Inseguito dalle procure di mezza Italia, avrebbe ottenuto una latitanza piu' leggera e carcere meno duro per i "suoi" Chiave del "patto" Giuseppe Barbaro, il boss di Plati' "Il canarino" al centro del processo "Nord - Sud" MILANO - Lo conoscono come 'u canarinu, il canarino. Anche se alla anagrafe e' iscritto come Giuseppe Barbaro, nato a Plati', classe 1956, latitante da sempre. Da quando, tra gli altri provvedimenti che lo hanno reso "cliente" delle procure di mezza Italia, lo insegue un mandato di cattura firmato da Alberto Nobili, pubblico ministero del processo Nord - Sud, la maxi - operazione che cinque anni fa disarticolo' le basi della 'ndrangheta ionica a Milano. Figlio di Francesco Barbaro, il noto Ciccio 'u castanu, patriarca della 'ndrina che da sempre regna su Plati', Giuseppe sarebbe una delle chiavi della complessa trattativa che ha restituito la liberta' ad Alessandra Sgarella e consegnato alla famiglia un credito da esigere tra le mura di un carcere speciale e sui banchi di una serie di processi. Sarebbe infatti lui, Giuseppe, dall'alto del rispetto di cui gode e dal buio di un anfratto dell'Aspromonte in cui si nasconde, ad aver accolto la richiesta che i suoi "famigli" gli avevano fatto arrivare dal carcere. I suoi "uffici" per la liberta' della Sgarella in cambio di qualche 41 bis in meno e, forse, di una latitanza per lui piu' leggera. Del resto che sia dai principali detenuti del processo Nord - Sud e dalle famiglie che ne erano rimaste irretite (i Barbaro tra queste) che sia partita l'offensiva estiva nelle carceri, con l'estenuante ma alla fine fruttuosa tela dei colloqui investigativi, e' circostanza confermata dal ruolo chiave che nella vicenda hanno giocato il pm Alberto Nobili e l'ispettore della Criminalpol Carmine Gallo. Un nome, quest'ultimo, che fino a quando e' stato possibile, per ragioni di comprensibile sicurezza e lealta', si e' cercato di tenere lontano dai riflettori. Del resto, solo Nobili e Gallo potevano godere della fiducia di chi, perseguito nel tempo, ha imparato a conoscerne una virtu': la capacita' di mantenere la parola data. Solo Nobili poteva impegnarsi sulla condizione carceraria di quelli che sono stati suoi inquisiti e condannati. E dunque, se la pianificazione dei colloqui e' figlia della logica di Nobili nel ricostruire i fili che legano una all'altra le famiglie dell'Aspromonte, e' stato poi Gallo a bussare alle porte che contano. A cominciare da quelle a lui stranote dei Barbaro. Fu Gallo, nel '91, allora giovane ispettore, a trascorrere mesi sull'Aspromonte per afferrare il bandolo della matassa del sequestro Casella. Fu lui a incrociare gli sguardi di chi, dei Barbaro, pago' con il carcere: i fratelli Antonio e Domenico, con i cognati Saverio e Giuseppe. Ed e' stato lui, giovedi' notte, a rispondere sull'utenza cellulare dell'avvocato penalista che i Barbaro avevano scelto come firma della loro paternita' esclusiva nella trattativa per la liberazione della Sgarella. L'ispettore Gallo, meglio di altri, conosceva questa famiglia che, al riparo dell'anonimato di un cognome che a Plati' dividono in 300 anime, dei sequestri di persona aveva fatto un'industria. Almeno diciassette quelli attribuiti dalle inchieste della magistratura. Oltre a Casella, quelli Celadon, Marzocco, Minervini, Longo. Un'industria dal cospicuo fatturato reinvestito sulla piazza milanese nel traffico di stupefacenti (con l'appoggio delle famiglie dei fratelli Papalia e Sergi), oltreoceano in Australia e Canada, e in casa propria con l'acquisto non di singoli appezzamenti di terreno, ma di un'intero massiccio, il monte Alati. Certo, per i Barbaro erano arrivati anche momenti difficili. L'ultimo colpo lo avevano subito nel settembre del '92, quando l'"operazione Aspromonte" aveva affondato i denti del rastrello investigativo nelle pieghe della famiglia, svelando, grazie alle dichiarazioni di un pentito di Gioiosa Ionica, Vittorio Ierino', i legami con gli Strangio e i Papalia. Alcuni capibastone erano stati decapitati, piu' di un'arteria finanziaria occlusa. Ora, eccoli di nuovo fare capolino. Una conferma, se necessario, di un regno cui non hanno mai abdicato. Carlo Bonini ----------------------------------------------------------------- IL CLAN DI PLATI' * LA FAMIGLIA BARBARO potente clan della 'ndrangheta Ionica (Plati', Reggio Calabria) specializzato in sequestri di persona * IL CAPO FAMIGLIA Francesco Barbaro, detto "Ciccio 'u castanu" * ESPONENTI IN CARCERE Domenico Barbaro, 45 anni (sequestro di persona e omicidio); Giuseppe Barbaro, 38 anni (sequestro di persona); Antonio Barbaro, 35 anni (sequestro di persona); Saverio Barbaro, 32 anni (sequestro di persona). Sono tutti implicati nel sequestro di Cesare Casella * IL BOSS LATITANTE Giuseppe Barbaro, "'u canarinu", 42 anni, figlio del capofamiglia Francesco, inseguito da mandato di cattura nell'operazione Nord - Sud (pm Alberto Nobili) * 17 SEQUESTRI I sequestri di persona attribuiti alla Cosca dei Barbaro sono in tutto 17. Tra questi, quelli di: Casella, Celadon, Marzocco, Minervini, Longo

Bonini Carlo

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(7 settembre 1998) - Corriere della Sera